La petizione
Spettabile
Sindaco del
Comune di Domodossola
I sottoscritti cittadini del Comune di Domodossola, nonché di altri Comuni ma frequentatori della città di Domodossola, in riferimento alla notizia appresa dagli organi di stampa circa la volontà dell’Amministrazione Comunale, come da verbale di deliberazione della Giunta Comunale n. 19 del 16.02.2012, di procedere ad un intervento di riqualificazione di Piazza Chavez, così come proposto dall’Associazione Musei dell’Ossola, consistente nella completa modifica dello stato attuale della suddetta piazza, con il taglio di tutte le piante - tra cui numerosi esemplari di cedri e tigli - esprimono il loro fermo dissenso, atteso che tale modifica comporterebbe una perdita sia del verde pubblico, sia della destinazione a cui tale piazza era destinata, ovvero di “giardino pubblico”.
Considerato che il nuovo progetto, così come definito, prevede il posizionamento di un numero di esemplari di essenze non adeguato, senza peraltro aver tentato in alcun modo di conservare gli esemplari di piante (in particolari i cedri) già presenti in loco, si ritiene che tale intervento non sia idoneo all’uso che tale piazza ha sempre avuto negli anni.
Si ritiene anche che, considerato il periodo di forte crisi che il nostro Paese sta attraversando e che sta toccando pesantemente anche la nostra città, l’importo investito sia vergognosamente spropositato, anche in virtù delle azioni previste, da noi ritenute del tutto superflue. Ciò è rafforzato anche dal fatto che verranno invece lasciate inalterate le piante di platano, che sono in realtà quelle che effettivamente presentano notevoli problematiche – quali sollevamento di manto stradale e marciapiedi, oltre al pessimo stato di salute in cui versano – come già noto all’Amministrazione Comunale, ma sulle quali non si è intenzionati a intervenire in alcun modo.
Non si comprende per quale motivo tale modifica non sia stata prospettata e soprattutto portata alla conoscenza della cittadinanza, prima di divenire definitiva, con le eventuali osservazioni della stessa, il che avrebbe certamente evitato forme di contestazione come la presente e soprattutto forti disagi a cui ignari cittadini potrebbero essere esposti nell'immediato avvenire.
Considerato che oggi si ritiene che il verde sia fondamentale per la salute pubblica, che la piazza è uno dei principali polmoni della città, che è frequentata da molte persone – tra cui molti anziani – che vengono a riposarsi all’ombra dei cedri e dei tigli, si ritiene abnorme provvedere al taglio di tutte le suddette piante, piuttosto che invece intervenire con la manutenzione ed eventuale cura delle stesse, al più con uno sfoltimento.
Si rileva inoltre che le sedute che verranno collocate sono in numero troppo basso per la finalità di “giardino pubblico” cui la piazza è destinata e prive della necessaria ombra, poiché le piante che verranno posizionate appaiono da progetto inidonee allo scopo.
Infine gli ulteriori interventi di abbellimento si rivelano quanto mai astratti e anacronistici per la realtà e la struttura della società in cui viviamo, non tenendo in alcun conto il contesto cittadino in cui pretendono di inserirsi e sollevando molte perplessità sulle modalità in cui tali interventi verrebbero nel tempo mantenuti.
Si richiede inoltre che venga disposta una progettazione partecipata al fine di permettere alla cittadinanza di poter intervenire, per decidere come meglio agire. E’ un diritto della collettività condividere gli interventi relativi alla propria città, in particolare di una “piazza” , che per definizione, è luogo attorno cui ruota una comunità.
Grati per l’attenzione prestata si porgono distinti saluti.
Domodossola, lì 28 febbraio 2012
Alcune personali considerazioni
Ai nostri giorni si è soliti leggere di petizioni
che nascono quasi quotidianamente, in ogni città, paese, comunità, quartiere
ecc. Segnale incoraggiante dell’attiva partecipazione dei cittadini alla vita
pubblica: su questo non si discute. Tuttavia spesso si perdono le buone
occasioni per tacere o, almeno, per riflettere. È il caso della petizione
riguardante gli alberi di piazza Chavez a Domodossola, interessati da un
progetto di recupero dell’amministrazione comunale, che prevede l’abbattimento delle piante presenti.
La lettera in questione chiede di salvare i maestosi (e mastodontici) cedri che
sorgono attorno al monumento dedicato a colui che per primo attraversò le alpi
su un mezzo aereo più di cento anni fa. Ma cosa può esserci di sbagliato nel
voler conservare alberi piantati nel corso del ‘900 a ornamento di una piazza? Meglio
rifarsi alla lettera della petizione.
Se il buon giorno si vede dal mattino, allora una
buona lettera deve avere un buon inizio. Ed invece il primo scivolone fatto dai
promotori della petizione lo troviamo nel primo paragrafo, laddove si dice:
«tale modifica comporterebbe una perdita sia del verde pubblico, sia della
destinazione a cui tale piazza era destinata, ovvero di “giardino pubblico”».
Evidentemente chi ha steso la lettera non deve aver guardato troppo bene il
progetto per la piazza. Basta dare un’occhiata alla pianta e ai rendering
(disegni che mostrano una realistica visione della piazza ultimata) per
rendersi conto che la preponderanza in questo progetto ce l’ha proprio il verde
pubblico. I disegni prevedono infatti l’inserimento di un buon numero di tigli
lungo il perimetro ed aceri nella zona centrale (crf. Relazione di progetto).
In secondo luogo la piazza, secondo i detrattori, perderebbe la funzione di
giardino pubblico. Sempre con un occhio al progetto mi chiedo allora cosa si
intenda per giardino pubblico. Un’area pubblica con molto verde, alberi,
panchine e altre sedute cos’è se non un giardino pubblico? Evidente problema di
comprensione da parte di chi demagogicamente si scaglia contro un progetto che
non ha visto forse neanche da lontano.
Ma proseguiamo. Ci si chiede come mai la
progettazione non sia stata partecipata, come se solo il far dire ad ognuno la
sua possa essere garanzia di democrazia. Il 19 dicembre tuttavia le commissioni
consiliari LLPP ed Ambiente del comune di Domodossola e il consiglio comunale
di maggioranza hanno approvato il progetto. La maggioranza
dell’amministrazione, democraticamente eletta, era presente. Per cui il
principio che vedrebbe esclusa del tutto la cittadinanza dalla partecipazione
non regge. I rappresentanti degli elettori hanno approvato il progetto.
Quest’ultimo inoltre ha avuto pure l’approvazione della Sovrintendenza per i
Beni Architettonici e per il Paesaggio del Piemonte Orientale che ha richiesto
alcune modifiche che sono poi state apportate. Insomma, le autorizzazioni del
caso ci sono tutte.
Più sotto, sulla lettera della petizione troviamo
scritto: «Si rileva inoltre che le sedute che verranno collocate sono in numero
troppo basso per la finalità di “giardino pubblico” cui la piazza è destinata e
prive della necessaria ombra, poiché le piante che verranno posizionate
appaiono da progetto inidonee allo scopo». La proposizione appare un po’ il
classico tentativo di arrampicarsi sui vetri; quale sarebbe l’adeguato numero
di sedute secondo i firmatari della petizione? Mistero. Spesso il sottoscritto
è passato da piazza Chavez, anche in estate, e non gli è mai sembrato di vedere
folle straripanti che cercassero una panchina. E comunque il progetto chiarisce
che le sedute saranno da un lato le panchine, dall’altro potranno essere anche
alcune “sedute informali”, ovvero oggetti su cui sedersi ma non disegnati come
panchine vere e proprie, ricavati da blocchi di cava ossolani. In pratica il
numero delle sedute sarà superiore a quelle viste nella pianta del progetto.
Ma la frase più sconcertante la troviamo subito
dopo: «Infine gli ulteriori interventi di abbellimento si rivelano quanto mai
astratti e anacronistici per la realtà e la struttura della società in cui
viviamo, non tenendo in alcun conto il contesto cittadino in cui pretendono di
inserirsi e sollevando molte perplessità sulle modalità in cui tali interventi
verrebbero nel tempo mantenuti». Non conosco le competenze di architettura,
urbanistica, storia dell’arte e sociologia di cui disponga chi ha steso la
lettera, ma se le conoscessi ne dubiterei fortemente. Il progetto, che rispetta
l’originario schema della piazza, costruita sulla diagonale dell’impianto
urbanistico di Domodossola, è forse un esempio che andrebbe imitato. Non si
riesce proprio a capire cosa significhi che gli interventi siano troppo
“astratti ed anacronistici per la società in cui viviamo”. La piazza riprende
infatti quella che è la tradizione dei giardini all’italiana del ‘700, documentati
anche a Domodossola nelle mappe storiche conservate negli archivi cittadini, adeguando
all’oggi il linguaggio dell’architettura che vi si sviluppa. In sostanza la
frase riportata dalla lettera in sé non significa proprio nulla. Sarebbe
meglio, prima di scrivere, essere sicuri di possedere le competenze citate
sopra, per non rimediare figure da cioccolataio, senza offesa per i
cioccolatai.
Detto ciò rimane solo una cosa da chiarire. Come
mai si vogliono salvare gli alberi di piazza Chavez? Probabilmente perché da un
lato, come chiarito molto bene dalla lettera, i cittadini avrebbero voluto una
più larga partecipazione, della quale però non si deve chiedere conto al
progetto in sé, quanto a chi, eletto democraticamente, lo ha approvato a nome
di tutta la città. Dall’altro lato viene fuori la motivazione storica che
riguarda i cedri. Sentiti come un simbolo storico di Domodossola, non si vuole
che siano abbattuti. Ma sono davvero così importanti questi alberi? La storia
di piazza Chavez direbbe di no. In effetti i primi alberi ad essere piantati furono
alcuni platani sui lati. In un secondo tempo vennero piantati dei tigli, oggi
afflitti da gravi patologie (secondo la relazione agronomica servita per il
progetto di recupero) che ne rendono necessario l’abbattimento. I cedri del
Libano furono piantati negli anni ’60, non considerando che essi nel giro di un
tempo breve avrebbero conosciuto grandissimo sviluppo in altezza. Ed in
quarant’anni sono arrivati infatti ad oscurare la piazza che sovrastano,
soffocando ed uccidendo gli alberi sottostanti. Senza tenere conto che piante
di tali dimensioni, vicino ad abitazioni, risultano oltremodo pericolose.
Aggiungerei poi, ma è solo una impressione soggettiva, che le piante hanno
avuto l’unico tetro effetto di incupire il luogo. Provate a transitarvi in una
nuvolosa giornata di novembre .
Tutto questo non per dire che i cittadini non
debbano far presenti le loro istanze all’amministrazione ma che, semplicemente,
a volte bisognerebbe curare un poco meglio l’argomentazione delle proprie tesi.
Lo dice anche un antico adagio che è meglio fare la figura dello stolto tacendo
che parlare e togliere ogni dubbio. I progetti, per essere criticati, vanno
prima visti e capiti.
Probabilmente le polemiche, come spesso accade,
non si fermeranno. Già per posizionare il monumento a Geo Chavez (finito quasi
per caso nella piazza suddetta) si erano visti scontri feroci. Che almeno
diventino scontri costruttivi, e non sterili demagogie.
Matteo Minetti
P.S.
Preciso che non abito a Domo, ma la frequento
spesso e la considero una bella città, a misura di persona. Spero che un bel
progetto come questo possa essere portato serenamente a termine.
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